Mahatma Gandhi, la grande anima dell’India

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chi era gandhi?

La figura di Mohandas Karamchand Gandhi, che la maggior parte di noi conosce semplicemente come Gandhi o Mahatma Gandhi, a oltre settantanni dalla sua morte è ancora viva ed è un simbolo della lotta per i diritti civili oltre che per la non violenza. In questo articolo proveremo a ripercorrere le linee principali della sua filosofia e del suo pensiero, anche per comprendere meglio l’importanza del suo ruolo nella difesa dei più deboli tanto durante la sua vita quanto successivamente, attraverso il messaggio che ha lasciato all’umanità.

Gandhi biografia essenziale

Per comprendere meglio il Mahatma Gandhi e il percorso che lo ha condotto a diventare il personaggio di riferimento che è poi diventato, lasciando una traccia indelebile nella storia non solo dell’India ma di tutto il mondo ecco una essenziale biografia Gandhi.
Mahatma significato di “venerabile” o di “grande anima” ha influenzato tanto l’India e con i suoi insegnamenti è divenuto un modello e fonte d’ispirazione a livello mondiale.

LE ORIGINI DI GANDHI, GLI STUDI IN INGHILTERRA E IL RITORNO IN INDIA

Mohandas Gandhi nasce a Porbandar, città costiera nella penisola occidentale indiana del Kathiawar, il 2 ottobre del 1869. Di famiglia benestante, trascorre la sua infanzia come molti giovani indiani della sua casta (i Bania), ma prediligendo le letture alle attività fisiche e sviluppando così una marcata timidezza.

Sono molte le frasi di Gandhi che affrontano temi importanti dell’esistenza e che sottolineano la sua estrema sensibilità, che poi avrebbe definito la sua figura di difensore dei diritti civili, e riguardo al tema della ricchezza e della povertà è particolarmente noto l’aforisma di Gandhi che recita “La povertà è la maggior forma di violenza”, in cui traspare tutta la sua consapevolezza ed empatia per chi non ha avuto i privilegi e gli agi di cui egli ha potuto godere nella giovinezza.

All’età di tredici anni, come tradizione, Mahatma Gandhi si ritrova a dover prendere in sposa, in virtù della tradizione del suo paese, una sua coetanea. Si tratta di Kastürbā Gāndhi, anch’essa di origini benestanti, la moglie da cui avrà poi cinque figli (il primo muore dopo qualche giorno, uno dei motivi per cui Gandhi lotterà in seguito contro l’usanza dei matrimoni infantili tipica dell’India come di altri paesi del mondo e ancora oggi tristemente attuale).

È all’età di diciotto anni, a tre anni dalla tragica perdita del padre, che Gandhi decide di trasferirsi a Londra per i suoi studi da avvocato, iscrivendosi all’University College. A questo suo trasferimento si oppone la sua casta, che vede in questa decisione un ostacolo al rispetto dei precetti induisti, e la disobbedienza di Gandhi comporterà così la sua esclusione dalla casta stessa, che lo porterà così al rango di paria, ovvero appartenente alla casta degli “oppressi”. Questa estrema decisione e le sue conseguenze fanno capire molto bene il suo pensiero, che ha caratterizzato la vita di Gandhi sin da giovane e che, in seguito, si rispecchierà in una delle più famose fra le frasi di Gandhi, secondo cui “Chi perde la sua individualità perde tutto”.

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L’ESPERIENZA IN SUDAFRICA

Sarà col rientro in patria dopo aver superato gli ultimi esami universitari, nel 1891, che Gandhi ottiene di essere riammesso nella sua casta originale, dopo essere però venuto a conoscenza, all’arrivo, della morte di sua madre. In seguito, inoltre, non avrà molto successo nell’esercitare la professione legale per cui aveva studiato in Inghilterra, sia a causa della scarsa conoscenza delle leggi indiane, sia per la sua ritrosia nel parlare in pubblico. Ma sarà proprio la sua professione a portarlo, in seguito, in Sudafrica per gestire una causa legale per conto di una ditta indiana operante proprio in quell’area, ed è là che Gandhi si trova di fronte a fenomeni come l’apartheid e il pregiudizio razziale.

Chi conosce la frase di Gandhi secondo cui “Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca” può capire bene come avrebbe affrontato, da quel momento in poi, fenomeni come quelli, e quanto decisivamente si sarebbe battuto, pur professando la non violenza, per la difesa dei diritti degli oppressi, a partire appunto dai suoi connazionali in Sudafrica, dove sarebbe diventato loro leader e avrebbe poi prima fondato un giornale, l’Indian Opinion, e poi un ashram nella fattoria costruita sullo stesso terreno, nella località di Phoenix presso il porto sudafricano di Durban, dove sia i redattori sia i lavoratori agricoli avrebbero goduto degli stessi diritti e dello stesso salario.

Sarà proprio nel suo ashram che il Mahatma Gandhi comincerà a praticare il digiuno e farà voto di castità, diventando un esempio anche con la pratica di lavori umili come la pulizia delle latrine, attività riservata in India ai paria (da lui definiti “figli di Hari”, ovvero figli di Dio, harijan nella sua lingua), e incoraggiando a tale pratica anche la moglie e i suoi amici. Negli anni successivi Gandhi avrà modo di testimoniare personalmente in Sudafrica ciò che aveva egli stesso battezzato come satyagraha, traducibile con “resistenza passiva”, ovvero la disobbedienza civile in difesa dei diritti umani condotta in modo pacifico, in seguito adottata anche da altri eroici leader come Martin Luther King, Nelson Mandela o Aung San Suu Kyi.

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IL RITORNO IN INDIA E LA LOTTA PER L’INDIPENDENZA DEL SUO PAESE

Dopo un breve ritorno in Inghilterra dal Sudafrica, Gandhi si vede costretto a rimpatriare in India per motivi di salute, sbarcando nel porto di Mumbai il 9 gennaio 1915, accolto come eroe nazionale dai suoi conterranei. Sarà qui che Gandhi inizierà il suo percorso di viaggio fra i territori dell’India condotto nel “silenzio politico” che Gopal Krishna Gokhale, leader del congresso indiano, gli suggerirà e che porterà il Mahatma a incontrare, passando da un villaggio all’altro, le condizioni di vita e la vera anima della sua gente. Facendo fede al principio espresso in una delle sue frasi più famose, “Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo”, Gandhi fonda un altro ashram e negli anni 1917-1918 mette in pratica la satyagraha coinvolgendo decine di migliaia di contadini e ottenendo il risveglio della coscienza politica indiana.

Ma i disordini che seguono il suo arresto nel 1919 e le centinaia di morti provocate dalla repressione inglese danno a loro volta origine ad atti di violenza che lo costringeranno a riconsiderare e sospendere la satyagraha, dando origine al famoso discorso sulla non-violenza il cui concetto fondamentale è sicuramente racchiuso in una famosa frase di Gandhi che recita “Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza”.

La lotta per l’indipendenza dell’India continuerà, quindi, in un’ottica di non-cooperazione non-violenta, con una politica di autosufficienza abbinata al boicottaggio di merci di importazione, in particolare quelle tessili, per condurre alla cosiddetta Swaraj, ovvero l’indipendenza completa dell’India. Questa “lotta pacifica” continuerà senza sosta per oltre dieci anni, fino alla famosa “marcia del sale” del 1930, repressa dal governo britannico con l’arresto di oltre sessantamila persone, fra cui Gandhi stesso, ma un anno dopo gli inglesi giungeranno a una negoziazione che porterà alla sua liberazione e a quella di tutti i prigionieri politici, oltre a una serie di concessioni che avrebbero così portato a compimento le aspirazioni di indipendenza sostenute da Gandhi e dalla sua gente.

Negli anni successivi diverse vicende vedranno ancora protagonista il Mahatma Gandhi, fra cui ben tre tentativi di mettere fine alla sua vita, e mentre la seconda guerra mondiale faceva il suo corso, nuovi conflitti fra la Gran Bretagna e l’India alternano situazioni di collaborazione e di contrasto fra i due governi, fino al 13 aprile 1942, data in cui Gandhi scrive la famosa risoluzione Quit india, con la quale chiedeva ai britannici di lasciare la sua terra e a seguito della quale il suo popolo da inizio alla rivolta non-violenta più radicale mai intrapresa, durante la quale la polizia ferisce e uccide migliaia di indipendentisti, e ne arresta centinaia di migliaia. Vengono coinvolti anche i membri del Congresso, i cui dirigenti saranno arrestati, insieme a Gandhi stesso, a Bombay il 9 agosto 1942. La prigionia di Gandhi durerà per ben due anni, e vedrà morire prima il suo consigliere per arresto cardiaco, e poi la sua stessa moglie a causa di una polmonite contratta durante la prigionia. È in questo periodo che Gandhi inizia il suo digiuno di 21 giorni, come penitenza per le conseguenze negative del suo movimento Quit India. Il governo britannico lo rilascerà poi il 6 maggio del 1944 per consentirgli un’operazione che gli consenta di superare la grave condizione di salute indotta da malaria e dissenteria, evitando che la sua morte in prigione provochi ulteriori disordini che avrebbero un esito sicuramente disastroso. Prima della sua liberazione, Gandhi può finalmente vedere i primi, veri risultati del movimento Quit India, quando il successore di Churchill, Clement Attlee, annuncia il trasferimento del potere al governo indiano, permettendo così a Gandhi di mettere fine alla lotta e di assistere alla liberazione di circa centomila prigionieri politici.

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DALL’INDIPENDENZA DELL’INDIA ALL’ASSASSINIO DI GANDHI

Nel 1947, dopo la promulgazione della piena indipendenza dell’India, si assiste alla separazione fra quest’ultima e il territorio del Pakistan, dettata dalla volontà di renderlo una nazione islamica indipendente, ma tale separazione porta in ogni caso a tensioni politiche e violenze che culmineranno nel conflitto indo-pakistano di quell’anno.

In questo scenario di conflitto, ormai giunto all’età di 78 anni, Gandhi dà inizio al suo ultimo digiuno nella città di Delhi, chiedendo la cessazione dei conflitti fra i due territori e la libertà di culto di ogni religione, con il pagamento dei 550 milioni di rupie che il governo indiano aveva deciso non effettuare temendo che tale denaro sarebbe stato utilizzato dal Pakistan per finanziare una guerra contro l’India stessa.

Il Mahatma Gandhi rifiuta di interrompere il suo digiuno, anche di fronte agli accorati appelli del governo indiano, e quest’ultimo accetta così di versare la somma dovuta al Pakistan dietro la promessa di scongiurare qualsiasi conflitto. Sarà a questo punto che Gandhi interromperà il suo digiuno.

MORTE GANDHI

Ma per Gandhi si preparava, purtroppo, un ultimo, fatale evento: alla fine dello stesso mese, il gennaio del 1948, mentre si recava nel giardino della Birla House di Nuova Delhi per la sua consueta preghiera, il Mahatma viene assassinato con tre colpi di pistola dal fanatico indù radicale Nathuram Godse, che prima di ucciderlo si inchina in segno di rispetto e in seguito, dopo aver tentato di confondersi fra la folla, si lascia arrestare dalle forze dell’ordine per evitare di essere linciato.

Le ceneri di Gandhi furono divise in varie urne e disperse, secondo le sue stesse volontà, in vari fiumi del mondo fra cui il Tamigi, il Nilo, il Volga e lo stesso Gange. Le ceneri contenute nell’ultima urna, rimasta intatta fino al sessantesimo anniversario della sua morte, il 30 gennaio 2008, furono versate nel mare di fronte a Mumbai. La tragica morte di Gandhi, ma soprattutto la sua eroica, seppur pacifica vita, sembra riecheggiare in una delle frasi più famose di Gandhi: “Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.”

vivere la spiritualità dell’india

Oggi in India Gandhi viene riconosciuto come il padre della nazione e il giorno della sua nascita è una festività nazionale.

Fu il poeta e premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore ad aver coniato per lui l’appellativo di Mahatma “Grande anima”, anche se Gandhi non ha mai apprezzato la distinzione tra grandi e piccole anime, convinto che tutti gli uomini fossero uguali dinanzi a Dio.

Il Mahatma Gandhi fu molto più di un dirigente politico, fu un uomo di grande rigore morale, che si batté per i diritti e la libertà del suo popolo, ma anche per la causa dell’intera umanità.

L’india risente tutt’ora della forte figura carismatica del Mahatma Gandhi e girando l’India l’importanza della sua figura continua a balzare agli occhi.

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