Emergenza Moken nel Parco Nazionale delle isole Surin

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I Moken sono un piccolo gruppo etnico del sud-est asiatico, che vive da sempre in simbiosi con la natura e il mare, e dopo essere stati sfruttati e cacciati dalle loro terre, si sono stanziati all’interno del Parco Nazionale delle isole Surin al largo delle coste thailandesi e birmane. Quattordici anni fa, il tristemente famoso tsunami, colpì le loro isole e distrusse completamente il loro villaggio. Tutte le case e le imbarcazioni andarono distrutte o perse.

Purtroppo domenica 3 febbraio 2019, una nuova tragedia si è abbattuta sul villaggio: l’esplosione del motore di una barca ha generato un incendio che, trasportato dal vento, ha velocemente distrutto 65 delle 80 abitazioni presenti, devastando nuovamente il villaggio. Fortunatamente non ci sono stati feriti, ma le famiglie hanno perso tutto. L’ultimo mese era stato molto arido e il clima caldo e secco. Due giorni prima dell’incendio un vento di forte intensità si era sollevato da nord, e l’insieme di questi fattori ha probabilmente aiutato la veloce propagazione delle fiamme, che hanno subito attecchito sul legno secco, bruciando le case una dopo l’altra.

Dopo lo tsunami del 2004, i Moken si ritrovarono a costruire le case in due zone distinte, separate da un ampio spazio aperto. Essendo l’area in cui costruire molto limitata, le case vennero costruite piuttosto ravvicinate, e anche per questo motivo le fiamme sono si sono potute diffondere facilmente da una casa all’altra, in soli 30 minuti sono state completamente divorate. La comunità si è salvata gettandosi in acqua e poche altre case sono rimaste illese. I Moken si sono ritrovati, quindi, a dover ripartire da zero, ma la loro grande positività nei confronti della vita non li ha fatti perdere d’animo e si sono attivati per procedere con la costruzione di nuove case.

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Prima

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Dopo

RICOSTRUZIONE DEL VILLAGGIO

La speranza è che con la ricostruzione del villaggio, possano ottenere più terra e forse un’altra baia, per ritornare alla situazione precedente allo tsunami. Il quartier generale del Parco Nazionale ha immediatamente offerto ospitalità alla comunità e anche il governo locale e diverse associazioni si stanno mobilitando per attivare raccolte fondi. Si è dunque passati alla progettazione di un nuovo piano urbanistico del villaggio, da sottoporre al capo della comunità, Ngui Tawan Klathale.Il governo, però, cerca da sempre di ridurre il loro spazio, e si è innescata una nuova battaglia dove i Moken cercano di riacquisire i loro siti storici, che non hanno mai vissuto in gruppi così grandi. Inoltre, ricostruire le case così vicine non sembra l’idea migliore, poiché si rischierebbe un ripetersi della situazione attuale. A livello nazionale si sono aperte discussioni riguardo la concessione di maggiori spazi, che consentano di costruire case più grandi (a volte fino a 12 persone vivevano in case di pochi metri quadrati) e più distanziate tra loro o addirittura di ristabilire un secondo villaggio separato. I Moken furono i primi a risiedere in questa area, che solo 150 anni fa divenne parco nazionale, e lottano per affermare il diritto di restarci e di essere rispettati.

La “Network of Andaman Seafaring Ethnic People” ha proposto di creare un piano di sviluppo che consenta ai Moken di preservare il loro stile di vita e gli possa assicurare maggiore sicurezza in futuro. Restituire ai Moken la terra che è sempre stata la loro casa, sarebbe una priorità, avendo già dovuto rinunciare alla loro natura nomade, che li portava a spostarsi in base alle stagioni. Anche il generale Surin Pikulthong (membro del Comitato per gli affari delle popolazioni indigene) ha tenuto una conferenza stampa sul restauro del villaggio Moken. Lui, come molti altri, teme che gli attuali piani per l’edilizia abitativa – che ricostruirebbero le strutture esattamente come prima dell’incendio – sarebbero troppo angusti, mentre dovrebbe essere considerata l’opzione de l’espansione del villaggio. Prima di proseguire con i piani di costruzione, il generale Pikulthong crede che dovrebbe essere compreso che la tribù Moken era presente e viveva nelle isole Surin molto prima della creazione della Thailandia o di qualsiasi altro parco nazionale. Quindi, seguendo i principi legali, il governo o il parco nazionale non dovrebbero compiere azioni che influiscano negativamente sui diritti esistenti del popolo dei Moken, né sulla loro cultura. Probabilmente sarebbe impossibile fare tutto esattamente come pianificato dai Moken, ma le loro considerazioni e proposte dovrebbero essere seriamente prese in considerazione ed ascoltate. Ad oggi risulta evidente che, dopo lo tsunami del 2004, sia stata applicata una politica troppo restrittiva nei loro confronti, che mirava a riunirli e a controllarli meglio. Il Parco Nazionale ha sostenuto la necessità di proteggere l’ambiente dall’azione umana, ma i Moken amano questa terra e sanno come prendersene cura.

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Prima

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Dopo

Questa volta si potrebbe evitare di compiere di nuovo le stesso errore e procedere in un’altra direzione: aiutare i Moken a promuovere la loro cultura e a preservarla, coinvolgendoli prima di tutto nel processo decisionale e di ricostruzione. Restituendogli spazio e diritti, preservandoli in nome di una biodiversità che dovrebbe essere sempre tutelata. Un articolo sul Bangkok Post ha sottolineato come la situazione dei Moken sia precaria: rappresentano una cultura secolare, che corre il serio pericolo di essere distrutta per sempre. A differenza dell’incendio improvviso e devastante che ha distrutto il villaggio, la lenta erosione dei diritti e della cultura degli zingari del mare Moken è ancora più preoccupante. A differenza del villaggio, è quasi impossibile ricostruire una cultura sviluppata nel corso di centinaia di anni se venisse persa. Ormai gli è impossibile sostenere l’antico stile di vita: gli è impedito partire per mare, mentre in passato avrebbero vissuto la maggior parte dell’anno in acqua, tornando ai loro villaggi solo durante la stagione dei monsoni; non possono mantenersi pescando, poiché ora è proibito farlo a scopo commerciale (si limitano a raccogliere frutti di mare per il loro sostentamento). Inoltre, i Moken non possono costruire nuove Kabang, le tradizionali imbarcazioni in legno che fanno parte del loro patrimonio e della loro cultura, costruite da un singolo grande albero maturo, poiché gli è vietato tagliarli e nemmeno gli vengono forniti. La vita senza barche è insostenibile per i Moken e molti si guadagnano da vivere vendendo souvenir ai turisti, altri sono stati assunti come conducenti di barche.

Risulta evidente che i Moken non necessitano di semplici case, ma che gli venga restituita la possibilità di vivere con dignità e questo è un momento cruciale per il governo, che si trova di fronte ad una grande responsabilità. Il popolo dei Moken è molto affascinante: evolutosi fisicamente per adattarsi meglio alla vita in acqua. I loro polmoni sono più grandi, hanno un modo unico e molto efficace di nuotare sott’acqua ed hanno una incredibile capacità di vedere sott’acqua. I loro bambini imparano prima a nuotare che a camminare e sono stati eseguiti studi sulla loro incredibile capacità di restare in apnea. Ricavano tutto ciò di cui hanno bisogno dalla natura, costruendo le loro case sull’acqua con legno e fogliame. Tali strutture sono, per loro natura, ancor più soggette a gravi danni, in caso di incidenti o calamità naturali. Hanno una lingua unica, ma che non ha una forma scritta. La loro storia viene tramandata attraverso le generazioni attraverso il folklore. Sarebbe davvero un crimine perdere questa cultura per sempre. Oggi, a circa un mese dall’incendio, le prime case sono state terminate (più grandi delle precedenti) e le tre file di abitazioni sono più distanti tra loro. I Moken sperano che il Parco Nazionale manterrà la parola data e vorrà discutere di una loro espansione.

conscious journeys e la comunità dei moken

Noi di Conscious Journeys sosteniamo da sempre le comunità Moken attraverso i nostri viaggi nella Thailandia del Sud e siamo fermamente convinti che la loro cultura, come quella di tutte le minoranze etniche, debba essere preservata.
È per questo che abbiamo deciso di promuovere una raccolta fondi a favore della comunità colpita dall’incendio, e vi saremmo grati se ci aiutaste a raggiungere un importante obiettivo che possa dare un aiuto concreto.

Grazie!

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