Alchi: arte, bellezza e spiritualità

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Alchi è un villaggio situato nel distretto di Leh, nella regione del Ladakh, in India. Il villaggio di Alchi si trova nel Likir tehsil, sulle rive del fiume Indo, a circa 70 km a valle della capitale Leh. Questo luogo suggestivo è noto per uno spettacolare monastero che, a differenza degli altri gompa presenti in Ladakh, è collocato in pianura e non in cima a una collina, caratteristica quest’ultima che accomuna la maggior parte dei luoghi di culto della zona.

Un po’ di storia

Il villaggio di Alchi fu costruito intorno all’XI Secolo e questa località è famosa per l’esistenza di uno dei più antichi monasteri del Ladakh (patrimonio nazionale), noto appunto come Monastero di Alchi. Questa splendida costruzione è conosciuta principalmente per i suoi magnifici e ben conservati dipinti murali dell’XI o del XII Secolo, tutti in stile indo-himalayano. All’interno del monastero sono custodite migliaia di sculture, dipinti rari e unici, risalenti al Tibet occidentale dell’XI secolo.

Le caratteristiche di Alchi

Alchi è un piccolo villaggio con diverse strutture ricettive dedicate quasi esclusivamente al turismo, la maggior parte delle quali offre comfort moderni per i pernottamenti. Il periodo migliore per visitarlo va da giugno a settembre.

Secondo il censimento dell’India risalente ai dati aggiornati al 2011, Alchi accoglie 145 famiglie. Il tasso di alfabetizzazione effettivo (ovvero il tasso di alfabetizzazione della popolazione esclusi i bambini di età pari o inferiore a 6 anni) è del 72,51%.

Il monastero di Alchi

Circa 60 km a nord ovest di Leh e a 7 km dalla strada principale, sorge il monastero di Alchi, una struttura dalla foggia sorprendente e arricchita da incredibili decorazioni.

I superbi affreschi murali dei cinque santuari e le numerose sculture dipinte su legno lo rendono, infatti, un monumento eccezionale.

Questo prezioso tempio a tre piani accoglie in realtà al suo interno ben 6 templi, ed è particolarmente suggestivo per gli affreschi che sono stati realizzati sulle pareti interne, tra cui alcuni realizzati sulle vesti di tre gigantesche statue rappresentanti Avalokiteshvara, Vairapani e Manjushri, la triade più famosa del lamaismo.

Ognuna di queste statue va osservata da vicino per il microcosmo di grande diversità e notevole bellezza, rappresentato usando l’intero spettro cromatico dei toni brillanti. Le immagini ripropongono simbolicamente la realtà storica, travagliata da guerre ed invasioni, con saccheggi e rivolte. Il gusto estetico e la narrazione si fondono mirabilmente nello stile della decorazione.

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Il Monastero di Alchi: un prezioso esempio di arte e tradizione ladakhi

Il Monastero di Alchi è noto, localmente, come Alchi Gompa, ed è in realtà un complesso di templi buddisti situato nella cittadina omonima, nella regione di Leh, sotto la tutela del Consiglio che gestisce sia lo sviluppo che l’autonomia delle colline del Ladakh nella provincia dell’Unione del Ladakh.

La struttura è formata da quattro installazioni distinte, tutte collocate nel villaggio di Alchi, caratterizzata da monumenti risalenti ad epoche diverse. Il monastero di Alchi risulta essere la porzione più rinomata e famosa ed è gestito dal Monastero di Likir. Questo monumento, insieme alle costruzioni presenti nei villaggi vicini di Mangyu e Sumda Chun, rappresenta il ‘gruppo di monumenti di Alchi’, tutti compresi nella regione del Ladakh inferiore.

Le bellezze architettoniche delle strutture presenti nei tre villaggi sono considerate di stile e foggia unici, anche se il gruppo di monumenti di Alchi è quello più famoso. In base a quanto afferma la cultura del luogo, il gruppo delle costruzioni di Alchi fu edificato dal Guru Rinchen Zangpo, definito “il Grande Traduttore”, negli anni tra il 958 e il 1055.

Nonostante questa sia la versione storica più accreditata, le scritte presenti sulle pareti dei vari monumenti ne assegnerebbero la paternità a un nobile di origine tibetana, tale Kal-dan Shes-rab in un’epoca più tarda, ovvero nell’XI Secolo.

La parte del complesso architettonico denominata Dukhang o “Sala delle Assemblee” e il Tempio maggiore (gTsug-lag-khang), che si sviluppa su tre piani, denominato Sumtseg (gSum-brtsegs), sono stati edificati secondo lo stile Kashmir, molto comune anche in altri monasteri.

Il Tempio Manjushri (Jam-dpal Ha-khang) è la terza costruzione del gruppo, e uno dei particolari importanti che arricchisce il gruppo di templi sono i chorten (una sorta di stupa), che rivestono a loro volta un ruolo di rilievo nell’architettura e nella tradizione religiosa. I particolari dello stile artistico sostenuto e promosso sia dai re di religione buddhista che indù nei tempi del Kashmir e Himachal Pradesh si ritrovano nei vari dipinti murali presenti nelle strutture monastiche.

Si tratta di alcuni tra i numerosi dipinti di epoca antica, salvati e conservati nella regione del Ladakh. Il gruppo di costruzioni del monastero conserva al suo interno anche mastodontiche statue del Buddha e diverse sculture in legno molto elaborate che richiamo lo stile barocco. Shakti Maira, un artista, scultore, incisore, scrittore e oratore indiano, ha spiegato in modo vivido ed emozionante la bellezza di questo piccolo capolavoro che è il monastero.

La storia del monastero di Alchi

La storia dei monumenti nel complesso Alchi e negli altri due borghi del gruppo che lo compongono non è stata ricostruita con precisione, nonostante le numerose iscrizioni e i testi presenti sulle pareti.

In base alla tradizione, come abbiamo accennato la costruzione del gruppo di monasteri è da ritenersi opera del Guru Rinchen Zangpo, vissuto tra il 958 e il 1055 e risalirebbero quindi al X Secolo, così come allo stesso maestro sono attribuite le realizzazioni dei templi di Lamayuru, del Wanla, del Mang-gyu e del Sumda.

Nel corso del X Secolo, il lama tibetano Re Yeshe-Ö di Guge, con l’intento di divulgare la spiritualità buddista nelle zone montagnose dell’Himalaya, istituì un gruppo di ventuno saggi che avrebbero dovuto occuparsi di questo progetto.

Purtroppo, date le avverse condizioni climatiche e geografiche del luogo, di questi ventuno saggi ne sopravvissero soltanto due, uno dei quali è appunto il famoso Guru Rinchen Zangpo, studioso di gran fama che creò la comunità buddista in Ladakh e in altre zone del continente indiano come l’Himachal Pradesh e Sikkim.

Nel periodo in cui soggiornò in queste zone, Zangpo visitò anche il Tibet, il Nepal e il Buthan, rafforzando la sua immagine di saggio e ricevendo l’attributo di ‘Grande Traduttore’ o ‘Lohtsawa’, proprio in quel periodo. La sua importante opera di diffusione del buddismo in Ladakh ha permesso che questa corrente religiosa diventasse il culto istituzionale del Paese tanto è vero che, i monasteri da lui fondati, sono da sempre valutati come la base fondante del Vajrayana o buddismo tibetano.

Durante la costruzione dei famosi 108 monasteri della regione, Zangpo cercò e assunse i migliori pittori e scultori provenienti dal Kashmir per decorare le pareti con affreschi e per realizzare le statue che avrebbero abbellito le sale interne dei templi oltre alle installazioni esterne.

Purtroppo soltanto pochi monumenti fra quelli allora costruiti si sono conservati fino ad oggi. Tra questi vi è appunto il complesso di Alchi, che risulta ancora oggi il sito meglio conservato. Dal momento che i complessi monastici di questa epoca non erano attribuiti ad alcuna scuola fra quelle a indirizzo tibetano di quel tempo, i rispettivi templi furono inglobati e gestiti dall’ordine Kadampa.

Con l’andare del tempo, quando il complesso dei monasteri iniziò gradualmente a deteriorarsi, fu traslato sotto il controllo dell’ordine Gelukpa, tranne il gruppo monastico di Lamayuru, controllato dalla setta denominata Drigunkpa. Fu nel quindicesimo secolo che la gerenza del monastero di Alchi si interruppe, non sappiamo a causa di quale motivo. Fu così che il gruppo di templi passò sotto la giurisdizione della setta Gelugpa, gestita e controllata da Likir.

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La struttura architettonica del monastero

Il gruppo di templi del complesso di Alchi si compone di ben tre santuari primari. Questi templi sono il Dukhang (detta la “Sala delle Assemblee”), il Sumtseg e il Tempio di Manjushri. La creazione di tutti questi gioielli architettonici è collocata a cavallo tra il XII e il XIII Secolo.

Oltre alle strutture che abbiamo indicato, nel gruppo di Alchi sono presenti altri altri due templi: il “Tempio del Traduttore”, denominato Lotsabha Lakhang, e un altro tempio più recente, il Lakhang Soma.

I particolari di natura artistica e le caratteristiche spirituali promosse sia dal buddismo come dai re di religione indù presenti in quel periodo storico in Kashmir, si ritrovano nelle pitture murali presenti in tutto il gruppo dei monasteri.

Queste pitture sono tra le più antiche conservate nella zona del Ladakh e, ad arricchire la preziosità di questo sito, troviamo delle gigantesche statue del Buddha oltre a statue in legno finemente lavorate e ad altri tipi di opere d’arte che richiamano alla memoria lo stile barocco.

Dukhang  (la Sala delle Assemblee)

Il Dukhang, ovvero la Sala delle Assemblee è la parte più importante del monastero, il luogo dove i lama recitano le preghiere e dove si svolgono le cerimonie. La sua struttura è molto grande e antica, e mantiene la cornice originale del portale di ingresso, realizzata in legno. Nell’arco del tempo sono state apportate delle modifiche alla struttura originaria tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo.

La veranda, realizzata a colonne, immette sul grande atrio tramite un cortile collocato nella parte anteriore. Lungo tutto il corridoio le pareti sono affrescate con pitture che raffigurano i mille Buddha.

La famosa “Ruota della Vita” e il Mahakal sono visibili addirittura dall’esterno, sin dal cancello di ingresso. Tutte le pareti del Dukhang che sono state dedicate a Panch Tathāgatas sono arricchite da sei splendidi mandala realizzati intorno al Vairochana, l’essere divino che si venera in questa sala.

Gli elaborati mandala dipinti sono inseriti in un armonico gruppo di raffigurazioni del Buddha, Bodhisattva, di guardiani del dharma, oltre ad alcune dee, diverse divinità tra quelle più spietate e altri dei minori.

Il complesso di Sumtseg

Il gruppo di templi denominato Sumtseg è uno tra i più belli, anche se la sua funzione non è ben definita. Il termine Sumtseg, indica una costruzione sviluppata su tre piani che, anche se di piccole dimensioni, è caratteristica perché costruita con un amalgama di argilla e pietra, secondo la più antica tradizione tibetana. Tutti i particolari del complesso, gli affreschi, le pareti, la struttura delle facciate, le colonne lignee e le statue di argilla, sono stati totalmente concepiti e creati da artisti provenienti dal Kashmir. Il tempio tra piano terra e primo piano, ha una cubatura di circa 5,4 metri per 5,8 metri. Le nicchie presenti sulle pareti misurano circa 2 – 2,7 metri di larghezza per circa 4 metri in altezza tenendo presenti che, le nicchie della parete principale, sono più grandi di quelle presenti sulle pareti laterali.

In queste cavità vi sono le raffigurazioni più importanti di tre Bodhisattva, ciascuno in piedi e con un’altezza di circa 4 metri. All’interno di ciascun incavo, poi, sono presenti quattro divinità complementari che ospitano ben due dee volanti per ogni conca.

Esclusa la porta di ingresso principale che è in legno e purtroppo in cattive condizioni, la gran parte del monastero di Sumtseg è in buono stato e conserva la sua immagine originale, costruita nei primi anni del tredicesimo secolo. La zona del secondo piano presenta una struttura a balcone con il classico assemblaggio a lanterna.

Sulla parete di fondo campeggia una raffigurazione di Maitreya di enormi dimensioni, grande circa quattro metri e mezzo, accanto alla quale troviamo, alla destra un’immagine di Avalokiteshwara e a sinistra un dipinto di Manjushri. Un particolare interessante di questa opera d’arte finissima sono i drappeggi, denominati dhotis, che le divinità portano. Le immagini li mostrano, infatti, con diverse trame di tessuto. Ad esempio il dhoti che indossa Maitreya ritrae la vita di Buddha, quello indossato da Avlokiteshwara contiene le immagini dei luoghi santi e delle dimore regali, mentre il dothi indossato da Manjushri mostra le figure degli adepti (84 Mahasiddha), finemente decorati. Le immagini delle divinità sono raffigurate con una sola testa e quattro braccia, ma rappresentate in modo differente. Ciascuna divinità viene identificata con una diversa manifestazione del Buddha. Per esempio Maitreya porta la corona con ben cinque Buddha che ricorda Vairochana. La corona indossata da Avalokiteshwara ritrae Amitabha mentre la corona di Manjushri richiama Akshobhya.

All’interno dell’incavo principale è presente una scritta che descrive come le tre immagini più importanti rappresentino dei reliquiari che raffigurano la mente, la parola e il corpo, in relazione ai tre corpi del Buddha. Ovvero Maitreya esprime il corpo del Buddha nella materialità, Avolokiteshwara raffigura il ‘puro rapimento’ ed infine Manjushri ritrae il corpo dell’emanazione. Più semplicemente, queste immagini sono la raffigurazione dei concetti fondanti della compassione, della speranza e della saggezza.

Dobbiamo sottolineare ancora una volta la preziosità di questo particolare relativo all’arte contenuta in questo complesso architettonico/religioso. La raffigurazione della vita del Buddha realizzata con le stampe a tessuto sui dhoti è particolare ed unica in quanto la sua disposizione è a sequenza inversa.

La struttura di questo inestimabile gioiello artistico è a forma di medaglione dipinto in rosso. Ciascun medaglione, della dimensione di circa 15 centimetri è realizzato con una base blu. Vi sono dipinte ben 48 scene raffiguranti 41 episodi, cinque scene che ritraggono le predicazioni e due quadri di punarnirvana (l’abbandono del corpo fisico per entrare nel Nirvana).

Ogni scena dipinta è collocata in una precisa successione che descrive gli avvenimenti della vita del Buddha a partire dal suo ultimo percorso a Tushita, il paradiso, e il momento in cui tenne il suo primo sermone a Sarnath.

È stato possibile risalire ad una cronologia quasi certa di Sumtseg grazie ai nomi dei sacerdoti rinvenuti nelle iscrizioni ritrovate all’ultimo piano della struttura. Infatti si è risaliti a questa datazione, grazie alla citazione dell’ultimo nome, Jigten Gonpo vissuto tra il 1143 e il 1217, appartenente alla scuola Drigungpa motivo per cui si pensa che Sumsteg fu edificato proprio agli inizi del tredicesimo secolo.

Il Tempio di Manjushri

In base ai rilevamenti effettuati nella struttura di Sumtseg e nella “Sala delle Assemblee”, confrontandone i risultati, si è scoperto che il Tempio di Manjushri risale all’incirca al 1225 d.C.

Denominato anche con l’appellativo di Jampe Lhakhang, il complesso si sviluppa attorno alle quattro raffigurazioni centrali di Manjushri, in posizione seduta, con le schiene unite, collocate su un basamento di circa 6 metri quadrati.

Le immagini sono circondate da quattro pilatri sorretti da alcune travi che si collegano al soffitto realizzato in legno e decorato. Le immagini dipinte sul soffitto riprendono lo stile di quelle realizzate nel Sumtseg e sui due chorten, ma non sono stati molto curati nei dettagli. Inoltre il tempio, costruito nei pressi del fiume Indo, non ha resistito alle intemperie e ha subito diversi danni, tanto è vero che si sono conservate in buono stato soltanto le sculture lignee collocate su porte e pilastri.

Successivamente, alla struttura originaria è stato aggiunto il tempio Lhotsava alla sinistra della costruzione. Tutte le immagini di Manjushri, si trovano su un unico supporto alto circa 85 centimetri, affrescato recentemente. I rulli decorati incutono timore in quanto sono come estesi dalle code di Makara e attorniati da rappresentazioni di simboli, varie divinità e animali.

Di norma il colore con cui si rappresenta Manjushri è l’arancione però, all’interno di questo santuario, sono stati utilizzati colori differenti. Ognuna delle quattro immagini è raffigurata con una testa, quattro braccia che sorreggono una spada, un arco e freccia e un libro posto sopra un loto. Tutte le pareti del tempio sono dedicate ad un’immagine del Buddha.

Nella parete principale possiamo vedere l’immagine di Manjushri ritratto mentre è seduto su un trono con dei leoni. Le pareti che si trovano ai lati contengono immagini di Amitabha sulla destra e Aksharabhya sulla sinistra.

Tutte le immagini sono disposte attorno alla raffigurazione centrale di Manjushri e contenute all’interno dell’incavo nel muro. L’immagine di Manjushri compare impreziosita da perle e da altri gioielli perfettamente sagomati e con una ricca corona di fiori. Inoltre, a corredo di questa bellissima immagine, alla base del trono si trovano le riproduzioni dei ‘Sette gioielli’ e degli ‘Otto simboli’ attorniati da leoni e contenuti in una capiente cornice quadrata.

Ultimo particolare della struttura di pregio è il telaio, che ha sostegni molto particolari.

I Chorten di Alchi

La struttura del gruppo di chorten di Alchi e la colorazione del loro soffitto ci suggeriscono che potrebbero essere stati costruiti tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo d.C.

Tra i primi ad essere stati catalogati, ci sono il ‘Grande’ e il ‘Piccolo’ Chorten, proprio all’inizio del tredicesimo secolo, subito dopo la realizzazione del Sumtseg. Questi due chorten sono delle vere e proprie porte di ingresso finemente decorate e, nel luogo, sono noti come Kakani Chörten e Ka-ka-ni mchod-rten, considerati unici nel loro genere nel complesso di Alchi tra i quali vi sono altri chorten decorati con affreschi antichi, strettamente collegati ad altre installazioni.

Tra la fine del tredicesimo secolo e l’inizio del quattordicesimo furono costruiti altre componenti di questo tipo.

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Informazioni utili per i viaggiatori

Il complesso di Alchi si erge sulla zona a sud del fiume Indo, ad un’altezza di circa 3.000 metri e distante circa 65 chilometri dalla cittadina di Leh che si trova ad ovest ed è ben collegata tramite l’aeroporto a cui si giunge anche da Delhi. Si può raggiungere Leh partendo da Manali, con un itinerario percorribile dai mesi di maggio fino a tutto ottobre, in base alle condizioni atmosferiche della vallata specialmente per quanto riguarda la neve. Il villaggio si snoda all’interno di quattro agglomerati posti sulle sponde dell’Indo e il gruppo dei templi è distaccato dalle altre costruzioni del villaggio.

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